Next Generation EU e l’impegno per creare un’economia inclusiva, che favorisca i giovani e colmi i gap di genere eliminando le discriminazioni.
Il Next Generation EU è un'opportunità unica per l’Europa per rilanciare l’economia e la società dopo la Pandemia, trasformandole per renderle più moderne, più verdi, più sane, più sicure ed eque.
Il piano consiste in un impegno condiviso per investire oltre 800 miliardi di euro con una visione comune per lottare contro le diseguaglianze e promuovere l’emancipazione femminile e la gender equality, favorendo anche l’uguaglianza in termini di condizioni economiche ed opportunità di lavoro, oltre che in termini di diritti.
Next Generation EU: la visione del lavoro e il ruolo delle imprese
Il pacchetto Next Generation EU prevede una serie di finanziamenti a favore della modernizzazione delle nostre società, con fondi e piani a sostegno di ricerca e innovazione, transizioni climatiche e digitali eque, programmi per la salute, lotta ai cambiamenti climatici, nuove politiche di coesione e politiche agricole, protezione della biodiversità e promozione della parità di genere e di opportunità eque.
In questo contesto, il ruolo delle imprese e del mondo del lavoro si intreccia con quello di istituzioni ed enti, per riuscire a raggiungere gli obiettivi preposti e creare le condizioni migliori per le generazioni a venire.
Le nuove generazioni, come Millennials e GenZ, dimostrano una particolare sensibilità alle tematiche del mondo del lavoro, dello sviluppo sostenibile e della parità di opportunità: in questo senso imprese ed operatori devono orientare le loro strategie per incontrare le attese della forza lavoro dei prossimi anni.
In particolare il Next Generation EU è articolato in dispositivi, di cui il principale è il Dispositivo per la ripresa e la resilienza, che vede i suoi fondamenti basati su 6 pilastri:
- Transizione verde;
- Trasformazione digitale;
- Crescita intelligente, sostenibile e inclusiva;
- Coesione sociale e territoriale;
- Resilienza sanitaria, economica, sociale e istituzionale;
- Politiche per le generazioni future.
Vediamo più nel dettaglio i riflessi e l’impatto sul mondo del lavoro e dell’impiego, oltre che di soluzioni pensate per i giovani e le loro esigenze: il Piano Next Generation EU per il nostro Paese, articolato in Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e Piano Complementare, prevede misure importanti rispetto alle politiche giovanili, anche per proporre soluzioni concrete al fenomeno NEET (Not in Employment, Education or Training), fenomeno che in Italia ha assunto dimensioni considerevoli se si pensa che dai dati emersi dal rapporto ISTAT 2021 sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile si parla del 23% dei ragazzi tra 15 e 29 anni fuori dal mondo dello studio e del lavoro.
Si rende necessaria un’efficace e rapida integrazione tra le politiche attive del mercato del lavoro e le politiche sociali, anche attraverso investimenti nelle politiche formative: il potenziamento del “Servizio Civile Universale” ad esempio, è una tra le soluzioni rivolte ai giovani, che sono inoltre coinvolti dalle misure relative alle infrastrutture sociali e alle case popolari, nonché dal potenziamento e rafforzamento dei servizi nelle aree interne.
Se pensiamo ai giovani che hanno accesso al mondo del lavoro, si nota un crescente interesse per le tematiche di wellbeing e sulla ricerca di un posto di lavoro flessibile, in aziende attente alle esigenze dei loro dipendenti e impegnate in Corporate Social Responsibility.
Su questo tema gioca un ruolo importante il ricorso, sempre più frequente, allo smart-working (anche noto come lavoro agile) o alla soluzione intermedia del lavoro ibrido. Le aziende, e con esse le istituzioni, devono porre attenzione a questo fenomeno, facendosi trovare preparate con una normativa aggiornata e con modalità operative adeguate al giusto livello di flessibilità: le nuove generazioni danno un peso importante all’equilibrio vita privata-vita professionale, valutando su metriche nuove le aziende a cui dare fiducia.
Next Generation EU e l’Istruzione: supportare l’accesso al mondo del lavoro
Rispetto all’istruzione, propedeutica all’inserimento nel mondo del lavoro, le politiche educative devono rivolgersi a colmare i divari che ci vedono agli ultimi posti in Europa per numero complessivo di laureati in discipline STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics), per citare un esempio. L’Italia, secondo l’Osservatorio Openpolis, registra un dato medio di 16, 4 laureati in discipline scientifiche ogni mille abitanti (per entrambi i sessi) a fronte di un dato medio europeo di 21 laureati ogni mille abitanti, sempre di entrambi i sessi. Entrando nel merito della questione di genere poi i dati si fanno ancora più allarmanti, con un divario che vede le donne mediamente distaccate in tutta Europa, dove mediamente i laureati maschi in ambito STEM sono quasi il doppio delle femmine. In Italia, la quota di laureati in ambito STEM tra i maschi sale a 19,4, quella delle laureate si attesta al 13,3, con circa 6 punti di distacco.
Un altro importante tema legato strettamente al mondo del lavoro è quello dell’aggiornamento delle competenze e della formazione continua su cui ruotano una serie di investimenti e programmi sia a livello pubblico che privato: il capitale umano è più che mai al centro dell’interesse delle imprese e delle istituzioni, e con esso tutte le politiche che supportano il miglioramento delle competenze e l’acquisizione di nuove. Parliamo di upskilling riferendoci al percorso che porta la persona all’acquisizione di nuove competenze relative alla propria sfera professionale, per svolgere meglio il lavoro che già svolge. Ci riferiamo invece al reskilling quando pensiamo all’acquisizione di competenze e abilità che permettano al dipendente di svolgere un ruolo diverso.
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