5 ottimi esempi di Employer Branding e 1 epic fail

In un labour market dinamico, volatile e frammentato, le aziende che vogliono scovare i migliori talenti dovrebbero attuare efficaci strategie di Employer Branding.

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5 ottimi esempi di Employer Branding e 1 epic fail

In un labour market sempre più dinamico, volatile e frammentato, le aziende che vogliono scovare i migliori talenti devono mettere in atto strategie di Employer Branding efficaci e d’effetto, allineate ai valori ed all’organizzazione aziendale e che definiscano l’azienda stessa come il luogo di lavoro ideale, motivante, interessante e confortevole per i dipendenti.

Employer Branding: ne sappiamo abbastanza?

L’Employer Branding è l’insieme di caratteristiche e qualità tangibili e intangibili che distinguono un’impresa e la rendono unica ed attrattiva agli occhi dei lavoratori: è il frutto di una strategia che coniuga il marketing ai principi morali che caratterizzano l’impresa dalla leadership all’intera organizzazione.

Entra in gioco anche il concetto di Employer Value proposition: è necessario che l’azienda si impegni a sviluppare una proposta lavorativa di qualità, come insieme di più fattori quali gli aspetti retributivi e di recognition, il clima aziendale, il bilanciamento dei carichi di lavoro, eque opportunità di carriera e senso di appartenenza. Questo insieme di elementi, se strategicamente gestito, garantisce all’impresa alte probabilità di retention dei propri dipendenti e di acquisition di nuovi talenti dal mercato.

5 esempi di Employer Branding di successo

Tra le aziende che hanno meglio implementato strategie di Employer Branding efficaci troviamo Patagonia: il brand è caratterizzato da una forte identità focalizzata alla sostenibilità ambientale, impegno cresciuto fin dagli anni Ottanta e che rende ancora più credibile l’Employer Brand proposition di questa realtà aziendale.

Ogni anno l’1% dei profitti aziendali viene devoluto ad organizzazioni ambientaliste: ma la strategia di Patagonia arriva fino alla catena dei fornitori, scelti tra stabilimenti che condividono le stesse logiche di sviluppo sostenibile e gli stessi valori di integrità, che rendono il brand riconoscibile ed autentico agli occhi del mondo esterno.

In Italia, tra le realtà più virtuose c’è sicuramente Ferrero: il celebre marchio dell’industria dolciaria è considerato il miglior datore di lavoro nel nostro Paese e stravince la sfida in tema di Employer Branding. La strategia? In cima alla lista dei fattori di Employer Value Proposition si trovano worklife balance e clima di lavoro confortevole, oltre a all’estrema attenzione posta dall’azienda alle tematiche di sicurezza sul posto di lavoro. Ha fatto notizia la vicenda de dipendente venuto a mancare a causa di un cancro, lasciando orfani due giovani ragazzi: la politica di Ferrero è quella di garantire a tutti i figli orfani dei propri dipendenti 3 annualità di retribuzione, oltre la garanzia di sicurezza economica fino a 26 anni per i ragazzi che decidano di continuare gli studi.

Un’altra realtà italiana che eccelle in tema di valorizzazione dei dipendenti e attenzione al wellbeing è il caso di Brunello Cucinelli: l’imprenditore umbro del settore tessile pone al centro della propria mission aziendale l’etica e la dignità del lavoro. La sua strategia si attua con una comunicazione diretta ed autentica, supportata da azioni concrete degne di nota: tra le sue decisioni più forti e pioneristiche, nel lontano 2012, vi fu quella di suddividere una parte degli utili aziendali con i dipendenti, di ogni livello gerarchico.

Restando in Italia, Esselunga ha dimostrato una strategia efficace soprattutto in ambito HR brand: l’innovazione tecnologica implementata in questi anni nei processi HR con la digitalizzazione della fase di screening dei cv è valso un premio dall’Osservatorio HR Innovation Practice della School of Management del Politecnico di Milano. Un progetto che ha portato all’efficientamento del processo di recruiting, alla valorizzazione delle risorse e alla candidate experience: una strategia di Employer Branding che contribuisce alla sostenibilità, eliminando spostamenti inutili.

Guardando di nuovo al panorama internazionale, tra le realtà aziendali che spiccano in Employer Branding c’è Starbucks, con una strategia orientata alla sostenibilità e gestita quasi interamente tramite social media, fatta di interazioni e campagne comunicative efficaci, soprattutto per le giovani generazioni come Millennials e GenZ che con i social sono nate.


Starbucks condivide storie di successo dei propri dipendenti: una tecnica che favorisce il senso di appartenenza e la lealtà all’azienda, facendo sentire le persone apprezzate ed esaltandone il valore.

Leggendo queste righe si potrebbe pensare che una strategia vincente sia poco complessa da realizzare: è il momento allora di prendere in esame anche un caso di insuccesso, per comprendere meglio i rischi di una strategia poco ben congeniata.

1 epic fail

È rimasto nella mente di tutti l’epic fail di Carpisa che qualche anno fa proponeva uno stage di 1 mese in cambio dell’acquisto di una borsa e della presentazione di un piano di comunicazione: una buona intenzione trasformata in un clamoroso insuccesso divenuto virale, perché il risultato fu veicolare il messaggio che «il lavoro sia qualcosa che si possa comprare», oltre al fatto che un giovane stagista non possieda già le competenze e l’esperienza per redigere un piano di comunicazione. Ad un potenziale candidato, quale idea di Employer Value Proposition trasmette un simile annuncio? Il mancato allineamento tra intenzioni, valori e obiettivi ha reso questa campagna un esempio pratico di come “non” fare Employer Branding.

È evidente quindi che una strategia di Employer Branding efficace debba partire dall’allineamento tra valori aziendali e principi che guidano la leadership, oltre alle logiche dell’operatività e alla valorizzazione delle persone, fino all’impegno concreto in iniziative ed azioni di CSR: solo in questo modo si potrà ambire ad essere tra i migliori datori di lavoro desiderati dai talenti sul mercato.

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